Anno della Fede (tratto da Giorn8tto)
Porta Fidei è il titolo della lettera apostolica, in forma di motu proprio, con cui Papa Benedetto XVI, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962), e a venti dalla promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (11 ottobre 1992), ha indetto l’«Anno della Fede», che avrà inizio appunto l’11 ottobre 2012 e si concluderà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’Universo.
La “porta della fede” è un’immagine suggestiva tratta dagli Atti degli Apostoli: Paolo e Barnaba sono di ritorno da Antiochia di Siria. «Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (At 14,27). La “porta” è quella che Dio aprì ai pagani al tempo dell’imperatore Claudio e delle missioni di Paolo e, da allora, a tutti i popoli fino ad oggi.
Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Già Paolo VI ne indisse uno nel 1967, conclusosi il 30 giugno dell’anno successivo con il “Credo del popolo di Dio”. Egli affermò: «se il concilio non tratta espressamente della fede, ne parla ad ogni pagina» e che è sufficiente leggerne i documenti «per rendersi conto dell’essenziale importanza che il Concilio... attribuisce alla fede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa» (Paolo VI, Udienza generale, 8 marzo 1967).
Papa Benedetto auspica che «possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa… Sento piùche mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” MNI, n. 57)» (PF, n.1).
La prima vera finalità dell’assise conciliare, quindi, è stata proprio quella di far scoprire all’uomo che la fede «non è una teoria, ma l’incontro con una Persona che vive nella Chiesa» (PF, n. 11); in sostanza che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (DCE, n. 1).
«La “porta della fede” che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma » (PF, n. 1). L’Anno della fede risponde quindi a una duplice finalità: riscoprire le radici del credere nell’incontro con la Persona di Gesù e annunciare, in un nuovo slancio di evangelizzazione, la bellezza del credere in un mondo segnato da una crisi diffusa, radicata nell’individualismo e nella disillusione generata dalla crisi delle ideologie e dall’illusorio affidamento alla sola forza della ragione.
In un denso tessuto di richiami e icone bibliche, Papa Benedetto incentra il percorso proposto ad ogni credente, ma anche a tutti coloro che «sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo» (PF, n. 10), sulla necessità di confessare, celebrare, e infine testimoniare la fede.
Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno. Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’omelia sulla redditio symboli, la consegna del Credo, dice: «Voi lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete svegliare in esso con il cuore» (Sermo 215,1).
Il motu proprio ricorda che «per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati. Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia» (PF, n. 13). Per questo Benedetto XVI invita ciascun credente a fare propria la richiesta dell’apostolo Paolo al discepolo Timoteo (2Tm 2,22): “Cercare la fede” «con la stessa costanza di quando era ragazzo (cf. 2Tm 3,15), perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi» (PF, n. 13).
Infine, «l’Anno della fede sarà anche un’occasione propizia per intensificare la testimonianza della carità. Ricorda san Paolo: “La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino» (PF, n.14).
Grazie alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto nel Signore risorto. È la fede che permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita. Sostenuti dalla fede, guardiamo con speranza al nostro impegno nel mondo.
Tratto da Giorn8tto n.8-9 2012
di Antonio Chimenti
Date: 05/08/11
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